CSR: Le promesse da marinaio

Come spesso accade, le promesse strombazzate dalla grancassa di certe liste durante la campagna elettorale per il rinnovo degli Organi sociali della Cassa svaniscono nel nulla, oppure vanno a sbattere contro il muro della realtà.

Chi non ricorda le accuse fatte alla precedente gestione sulla presunta connivenza con la Banca per averle fornito i dati sui prestiti e sui mutui erogati dalla Cassa (1) e le promesse di fermare il trasferimento di tali dati alla Banca d’Italia ai fini dell’indebita inclusione tra i fringe benefit aziendali?

Da quanto ci risulta, il nuovo CdA – insediatosi ormai da 6 mesi – non ha fatto granché, anzi non ha nemmeno avviato una seria analisi della questione, preferendo stare alla finestra per vedere quale sarà l’esito delle iniziative poste in atto dai sindacati. Tanto meno si hanno notizie della modifica della Convenzione CSR – Bankit, che era stata oggetto di un preciso impegno e che avrebbe dovuto risolvere in radice il problema dei fringe benefit.

Nel frattempo, ci si è limitati ad approvare il pannicello caldo della riduzione dello spread sui mutui a tasso variabile, la cui portata è limitata nella misura (mezzo punto su 5) e nel tempo (solo 6 mesi, 3 per anno), (2) ed è alquanto inefficace se non controproducente, considerato che buona parte del risparmio sul tasso contrattuale pagato sarà nelle ipotesi migliori eroso dalla maggiore tassazione sul fringe (meno interessi sul mutuo = maggiore distanza con il tasso BCE = maggiori tasse a titolo di fringe) (3) e nei restanti casi farà scattare la fatidica franchigia sui fringe (per il 2023: 3.000 euro con figli, 258 senza; per il 2024: rispettivamente 2.000 e 1.000, salvo modifiche) e quindi potrebbe causare un esborso in tasse ben maggiore del vantaggio sul nuovo (e transitorio) tasso di interesse del mutuo. (4)

E’ un fatto noto e sotto gli occhi di tutti che l’organico della Cassa ormai da tempo langue. Soprattutto per la parte di personale operativo, al punto che spesso si è deciso di esternalizzare a società del settore alcune funzioni.

Eppure la Cassa negli ultimi anni ha avviato e portato a termine numerose procedure di vacancy e job posting che da un lato hanno consentito di reperire risorse altamente qualificate e dall’altro hanno finalmente reso contendibile il lavorare in CSR, in passato visto come una sorta di cimitero degli elefanti ed oggi invece divenuto appetibile per percorsi di carriera analoghi a quelle di ben più blasonate strutture di Banca.

Tant’è che nel mese di luglio il Servizio GEP ha aperto una nuova selezione tramite job posting per la ricerca di 4 operativi da impiegare presso la Divisione Organi statutari, la Divisione Bilancio, Divisione Crediti e la Divisione Raccolta, per la quale sono pervenute domande per due volte e mezzo le posizioni messe a disposizione.

Accade, nel frattempo, che nasca un’idea, non nuova, ma certamente di difficile praticabilità: quella di assumere direttamente il personale dall’esterno per consentire alla Cassa di continuare a funzionare e probabilmente “ad esistere”.

Da quanto ci risulta, il CdA starebbe valutando una ipotesi di contratto a tempo determinato per soggetti da reperire (non si sa con quali criteri) attraverso agenzie interinali, oppure di percorsi da svolgere come stage lavorativi.

Auspichiamo che il progetto di ricorrere al mercato esterno, con l’assunzione di personale non dipendente dalla Banca d’Italia, rappresenti solo un modo per forzare la Banca d’Italia a dotare finalmente la Cassa di tutto il personale occorrente per svolgere efficacemente le proprie delicate funzioni.

Sono infatti diverse le criticità che un progetto siffatto potrebbe presentare:

  1. il personale della CSR oggi è composto esclusivamente da risorse distaccate dalla Banca d’Italia, che in quanto tali godono del medesimo sistema di selezione e dello stesso trattamento normativo ed economico del restante personale della Banca d’Italia. In caso di assunzioni dirette, il trattamento normativo ed economico di queste nuove risorse sarebbe da ricondurre invece al CCNL del settore bancario e il relativo costo andrebbe ad incidere direttamente sul bilancio della Cassa e quindi sui Soci;
  2. la gestione dei dati e delle informazioni sensibili sarebbe affidata a soggetti estranei alla compagine della Banca d’Italia;
  3. le modalità, i requisiti, la selezione, avverrebbero senza concorso e in totale opacità.

Sul punto, abbiamo ritenuto di dover scrivere alla Banca per sollecitare l’invio di maggiori risorse, anche considerando il gradimento del job posting per gli operativi tuttora in fase di selezione.

La Cassa è un bene troppo importante per essere gestito con pazze idee.

Roma, 10 novembre 2023

CIDA      FIRST/CISL      FISAC/CGIL      DASBI

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(1) Invero i dati in questione vengono dati sulla base di una vecchia convenzione sottoscritta da un altro presidente che per ironia della sorte è riconducibile alla medesima maggioranza sindacale che ha espresso l’attuale Presidenza.

(2) Vale a dire 250 euro di interessi in meno per il 2023 e il 2024 per ogni 100 mila di capitale residuo.

(3) Quindi i 250 euro di interesse in meno vengono sottoposti a trattenuta contributiva e fiscale per un totale di oltre il 51% nella maggior parte dei casi, riducendo il vantaggio a meno di 125 euro l’anno.

(4) Se nel 2023 un collega (con figli a carico) con un mutuo da 200 mila euro residui aveva ad esempio fringe benefit totali per 2600 euro, con la riduzione del tasso di interesse sul mutuo a tasso variabile passerebbe a 3100 e finirebbe per pagare tasse e contributi su tutti i 3100 euro (quindi nel caso di aliquota marginale massima, pari a più del 51% complessivo) a fronte di un risparmio per interessi sul mutuo di 125 euro (!), perdendo la possibilità di fruire della franchigia di legge anche per gli altri fringe che non avevano raggiunto i 3.000 euro complessivi.