Il merito di Papa Francesco

Più volte nella storia le gerarchie vaticane hanno preferito schierarsi per calcolo politico con forze conservatrici piuttosto che col progresso e col mondo del lavoro. Ma le cose cambiano e nessuno più di noi registra certe novità con soddisfazione.

Papa Bergoglio ha a più riprese sottolineato l’assurdità dell’attuale quadro delle relazioni tra lavoratori e imprenditori e non solo nei paesi emergenti. Nella recente visita pastorale a Genova ha fornito un quadro della situazione eccezionalmente preciso e profondo. Tra le molte osservazioni interessanti svolte in quella sede, ci ha colpito particolarmente il riferimento ai lavoratori del sistema finanziario.

In particolare, ha osservato il Papa:
“I valori del lavoro stanno cambiando molto velocemente, e molti di questi nuovi valori della grande impresa e della grande finanza non sono valori in linea con la dimensione umana, e pertanto con l’umanesimo cristiano. L’accento sulla competizione all’interno dell’impresa, oltre ad essere un errore antropologico e cristiano, è anche un errore economico, perché dimentica che l’impresa è prima di tutto cooperazione, mutua assistenza, reciprocità.

Quando un’impresa crea scientificamente un sistema di incentivi individuali che mettono i lavoratori in competizione fra loro, magari nel breve periodo può ottenere qualche vantaggio, ma finisce presto per minare quel tessuto di fiducia che è l’anima di ogni organizzazione. E così, quando arriva una crisi, l’azienda si sfilaccia e implode, perché non c’è più nessuna corda che la tiene. Bisogna dire con forza che questa cultura competitiva tra i lavoratori dentro l’impresa è un errore, e quindi una visione che va cambiata se vogliamo il bene dell’impresa, dei lavoratori e dell’economia.

Un altro valore che in realtà è un disvalore è la tanto osannata “meritocrazia”. La meritocrazia affascina molto perché usa una parola bella: il “merito”; ma siccome la strumentalizza e la usa in modo ideologico, la snatura e perverte. La meritocrazia, al di là della buona fede dei tanti che la invocano, sta diventando una legittimazione etica della diseguaglianza. Il nuovo capitalismo tramite la meritocrazia dà una veste morale alla diseguaglianza, perché interpreta i talenti delle persone non come un dono: il talento non è un dono secondo questa interpretazione: è un merito, determinando un sistema di vantaggi e svantaggi cumulativi”.

In questi anni abbiamo attaccato spesso la meritocrazia come futile ideologia di breve periodo, spiegando l’assurdità di esasperare la concorrenza tra colleghi. Non eravamo però mai riusciti a essere così chiari e conseguenti in questa critica. Non possiamo dunque che fare integralmente nostre le parole di Papa Francesco. La meritocrazia aumenta la diseguaglianza e la diseguaglianza disarticola, a medio termine, le condizioni della crescita economica di un paese. Altre sono le culture aziendali e i modelli retributivi che dovrebbero farsi strada nel sistema finanziario e nelle banche centrali che il sistema finanziario dovrebbero controllare rigorosamente e non scimmiottare.

Apocatastasi 68

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