Con la scuola pubblica

scuolapubblica

 

Il 5 maggio i Lavoratori della scuola pubblica scendono in sciopero.
Uno sciopero proclamato da tutte le sigle sindacali del settore dopo anni di divisioni e di frammentazione.
Ad unire (!) nella protesta sindacati, personale docente e non e studenti, la riforma della scuola decisa dal governo.
Una riforma che “aziendalizza” ogni singola realtà scolastica e che permette ai privati di entrare nella scuola pubblica attraverso la formula dello “sponsor”.
E’ evidente che questo è l’ennesimo passo indietro dello Stato nella gestione della scuola e l’ennesimo colpo all’istruzione per tutti.
E’, infatti, facile immaginare come l’ingresso dei privati nella scuola privilegerà le realtà più importanti, più ben frequentate, più rinomate creando, quindi, scuole di serie A e scuole di serie B.
Inoltre, è legittimo chiedersi quanto il privato, sostituendosi di fatto allo Stato, influenzerà e orienterà la didattica.
Una domanda consequenziale a cui il governo evita accuratamente di rispondere mentre, a nostro avviso, tutto ciò è reso ancor più evidente dal fatto che ogni singola scuola sarà trasformata in una piccola azienda autonoma, gestita da un preside assimilato a un vero e proprio manager, con i suoi bravi conti da far quadrare.
E, allora, ecco che è legittimo il dubbio espresso su come e quanto il denaro degli “sponsor” potrà orientare la didattica.
A queste logiche, noi contrapponiamo il pensiero di chi è convinto che l’istruzione, così come ogni altra realtà di servizio pubblico, non possa rispondere solo alla logica dei conti.
Le esigenze di bilancio non devono assolutamente entrare nella scuola. Eliminare sprechi è una cosa, trasformare ogni singola realtà in una piccola azienda un’altra.
L’esempio della sanità è sotto gli occhi di tutti: la trasformazione in aziende sanitarie locali, nel corso degli anni, ha portato a servizi sempre peggiori per i cittadini e, nel contempo, non ha affatto eliminato sprechi, ruberie e corruzione.
Tra l’altro, l’esperienza dovrebbe aver insegnato a tutti che “investire” di pieni poteri un singolo manager (nel caso della scuola il preside a discapito del collegio dei docenti e degli altri organi che la governano) non è affatto sinonimo di trasparenza e buona gestione.
Infine, la nostra scuola pubblica è una delle migliori del mondo.
A testimonianza di ciò il fatto che tanti nostri laureati trovano successo all’estero e il parere di molti esperti che sanno andare oltre la buffonata e l’americanata dei test Invalsi.
Il 5 maggio, quindi, anche noi saremo con chi scende in piazza a difesa della scuola pubblica e pazienza se tutto ciò fa ridere il presidente del consiglio oppure se corriamo il rischio di essere tacciati di squadrismo dalla ministra dell’istruzione.
Questi atteggiamenti e queste parole li qualificano più di ogni nostro giudizio al riguardo.
A questi signori che conoscono solo il verbo “tagliare”, noi risponderemo con la ferma determinazione di chi è conscio che il grado di civiltà di un Paese dipende soprattutto dal livello culturale diffuso che solo la scuola pubblica può dare.