La Banca chiarisca ai propri Dipendenti e Pensionati la posizione sui Fringe Benefit

È ormai ampiamente noto come la Banca d’Italia ritenga di applicare ai colleghi beneficiari di mutui CSR l’art. 51 del TUIR in tema di fringe benefit che, al comma 4 prescrive, in caso di concessione da parte del datore di lavoro di credito (sotto qualsiasi forma) ai propri dipendenti ad un tasso agevolato, che il 50% della differenza tra l’interesse applicato e il tasso ufficiale vada considerato come reddito e, quindi, sottoposto a tassazione.

Tale interpretazione discenderebbe da una lettura della Convenzione tra la Banca d’Italia e la CSR, che prevede che la Cassa conceda ai soci e ai dipendenti della Banca d’Italia condizioni non più onerose di quelle praticate dalla generalità delle altre banche nei confronti dei propri dipendenti.

Chiariamo subito una cosa, a scanso di equivoci dei quali nessuno ha bisogno: è la Banca d’Italia che sulla base di questa interpretazione intende tassare i suoi dipendenti, in qualità di sostituto d’imposta, sulla base del differenziale di tasso tra quello applicato dalla CSR e il tasso ufficiale di riferimento della BCE (come noto, recentemente aumentato). Sarebbe perciò la Banca a operare, appunto come sostituto d’imposta, una trattenuta in busta paga a titolo di tassazione e non la CSR a pretendere maggiori somme a titolo di rimborso di quota interessi sulle rate di mutuo.

La CSR, nell’ambito della sua operatività, si sta invece occupando di trasmettere alla Banca il consueto flusso informativo sui finanziamenti: si tratta di un flusso che sempre la CSR ha inviato, semplicemente al fine di consentire il pagamento della rate di rimborso dei finanziamenti direttamente con trattenuta in busta paga. Quello che è cambiato, nella congiuntura attuale, è che in questo momento emerge un effettivo differenziale di tasso, laddove in precedenza tale valore era nullo, e per questo i colleghi della Cassa sono attualmente impegnati a effettuare i necessari calcoli.

In questa situazione, la prima domanda seria che, come Sindacato, ci dobbiamo porre è questa: perché la Banca d’Italia, unica responsabile di questa paventata imposizione fiscale, non ha comunicato nulla sulle sue intenzioni ai diretti interessati? La trasparenza che tanto viene ventilata verso l’esterno ancora una volta è completamente assente all’interno, verso quelli che la Banca nel suo recente piano strategico indica come il proprio principale asset, ossia i propri dipendenti.

Venendo poi ad affrontare la questione da un punto di vista sostanziale, questa interpretazione data dalla Banca risulta del tutto errata per una molteplicità di ragioni:

  • innanzitutto, è assai dubbio che possa qualificarsi questo differenziale di tasso come fringe benefit verso i propri dipendenti in quanto, evidentemente, non è certo la Banca d’Italia ad esercitare l’attività bancaria erogando prestiti ai suoi dipendenti attingendo alla raccolta operata presso gli stessi (e ci mancherebbe altro!), ma la CSR, la quale costituisce entità formalmente autonoma (e ci mancherebbe altro!);
  • inoltre, per quanto esista la nota Convenzione, che indica come potenziali beneficiari dei mutui i dipendenti/pensionati della Banca e i loro familiari, l’erogazione avviene da parte della CSR a soggetti che si configurano come suoi soci o clienti e non come suoi dipendenti;
  • i prestiti erogati dalla CSR non beneficiano di un tasso agevolato praticato ai propri dipendenti, così come recita il citato comma del TUIR, ma avvengono sulla base di tassi praticati alla generalità della clientela della Cassa e fissati secondo criteri che considerano le condizioni di mercato in essere e prospettiche al momento della stipula, nonché gli equilibri gestionali e patrimoniali da preservare;
  • non si può non ricordare come, in forza del principio di legalità, non sia ammessa una imposizione fiscale retroattiva, ossia non è possibile far pagare ai mutuatari il costo in termini di maggiore imposta di un innalzamento dei tassi praticati dalla BCE in epoche successive a quella della stipula/rinegoziazione. E’ palese che una interpretazione siffatta da parte della Banca del dettato normativo del citato articolo del TUIR avverrebbe in palese violazione della stessa Costituzione. Si tratta di un argomento che, come Sindacato, riteniamo ineludibile, e che la stessa Cassa, ci risulta, condivida e abbia contestato più volte alla Banca;
  • infine c’è una curiosità che sarebbe interessante approfondire: la Banca intenderebbe tassare i suoi dipendenti. E come intenderebbe procedere coi mutuatari figli dei dipendenti? Tasserebbe anche loro, pur non essendone sostituto d’imposta?

Probabilmente sta aleggiando un’evidente confusione, che mai avremmo ritenuto possibile, tra Banca d’Italia e CSR, tra Istituzione di diritto pubblico e Istituto finanziario, tra dipendenti dell’una e clienti dell’altra.

Ci si sta confondendo addirittura tra welfare aziendale e mutui della Cassa: ricordiamo infatti che il dettato dell’art. 51 del TUIR trova effettivamente applicazione in Banca per quanto riguarda la possibilità di ottenere rimborsi delle rate di mutuo utilizzando il welfare aziendale. È evidente che qui la situazione è molto diversa: in questo caso è davvero la Banca (d’Italia) che, come datore di lavoro, elargisce un fringe benefit (i flexible benefits) ai propri dipendenti. E, non a caso, qui la norma del TUIR è rispettata, nel momento in cui ai rimborsi elargibili sulle rate viene applicato uno spread prudenziale finalizzato proprio a tener conto di possibili aumenti del tasso ufficiale, onde non incorrere nell’emergere di una tassabilità delle somme in capo ai fruitori del benefit. Come si possa confondere questa casistica con i mutui CSR è davvero inintelligibile.

Come Fisac CGIL riteniamo dunque assolutamente necessario anzitutto che la Banca d’Italia si assuma la responsabilità di tale scelta e perda un po’ del suo tempo a comunicare e a spiegare ai suoi dipendenti/pensionati il perché ritiene di interpretare in questo modo la normativa…si tratterebbe di una comunicazione in ogni caso tardiva, ma meglio tardi che mai!

Inoltre, riteniamo che la Banca d’Italia debba immediatamente sospendere l’applicazione in questi termini della normativa fiscale, in attesa di acquisire un autorevole ed esterno parere legale/fiscale e aver ricevuto risposta ad un interpello all’Agenzia delle Entrate.

La Fisac CGIL sta conducendo i dovuti approfondimenti fiscali presso le proprie strutture.

Come sempre, tuteleremo i colleghi/pensionati e non mancheremo di fare la nostra parte sia in sede di consulenza legale che di resistenza verso la Banca e, se persisterà in questa interpretazione, tramite azioni sindacali e se occorre anche giudiziarie.

Roma, 13 gennaio 2023

La Segreteria Nazionale