Le scarpette di Aliya

Immagine-scarpetteSi racconta che un giorno sia stato Ernest Hemingway a lanciare, per provocazione, una sfida: scrivere un romanzo in sole 6 parole.

Scommetteva, Hemingway, che la brevità del testo non avrebbe sottratto nulla al pathos della narrazione, se le parole fossero state suggestive.

Così scrisse un meraviglioso romanzo:

Baby shoes, for sale, never worn.
Scarpette da bambino, in vendita, mai indossate.

Un romanzo che si legge in pochi secondi ma che può evocare ore di narrazione, da percorrere con la mente. Dopo di lui tanti scrittori hanno voluto cimentarsi nell’impresa, anche con successo, chi per sfida, chi per diletto, chi per passione. Ci sono in rete moltissimi siti dedicati alle “six word stories”.

Può essere forte, in effetti, la tentazione di provare. Non solo per i motivi sopra citati, né perché tutti possano illudersi di essere scrittori all’altezza di Hemingway o di altri capaci narratori. Ma perché esistono storie che tutti conoscono benissimo e non necessitano di essere raccontate con minuzia. È sufficiente richiamarle. E per questo 6 parole bastano.

La piccola Aliya sta bene. Faitha, la sua mamma ventenne, l’ha messa al mondo appena scesa dal treno che l’ha portata via giovedì da Castelnuovo di Porto. Sola, senza compagno, né famiglia, né documenti sanitari. Sola con solo la sua bimba in grembo, figlia di un probabile episodio di violenza. Sola, vittima di un decreto che titola “sicurezza” mettendo a rischio la vita di una mamma e della sua bambina.

Accadde qui. Non si ripeta ancora.

A chi legge, il compito di sfogliare mentalmente il racconto della memoria.

Roma, 4 febbraio 2019

La Segreteria Nazionale