Due madri fin dalla nascita – La Corte Costituzionale segna un passo epocale

Con una decisione destinata a entrare nei libri di storia, la Corte Costituzionale con la sentenza numero 68, depositata ieri, ha ritenuto “fondate” le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Lucca.

La sentenza ha esteso l’articolo 8 della legge 40 anche alle coppie di donne che ricorrono alla procreazione medicalmente assistita. Da oggi, i bambini nati in queste famiglie avranno finalmente il diritto di essere riconosciuti come figli di entrambe le madri, superando i limiti imposti da una legge del 2004 già obsoleta al momento della sua approvazione.

Si tratta di un traguardo fondamentale, soprattutto per tutti quei bambini e bambine che finora sono stati privati di una piena tutela dei propri diritti costituzionali. La pronuncia ha effetto immediato e segna una svolta tanto attesa. È anche una vittoria collettiva, frutto della determinazione di tante famiglie omogenitoriali e del sostegno continuo di associazioni LGBTQIA+ organizzazioni per i diritti civili, amministratori locali coraggiosi, giuristi, e attivisti che hanno portato avanti questa lunga battaglia legale e culturale.

Con questa sentenza, un altro tassello della legge 40 viene superato, aprendo nuovi spazi di uguaglianza per cittadini e cittadine che fino ad oggi hanno subito discriminazioni.

Un vecchio slogan per una vecchia legge

“Una cattiva legge, una legge cattiva”: così veniva definita la legge 40 nel corso delle proteste che l’accompagnarono. Voluta dal governo Berlusconi, questa norma ha tentato di imporre pesanti restrizioni all’accesso alle tecniche di procreazione assistita e alla gestazione per altri. Tali restrizioni, come ha dimostrato il tempo, erano in contrasto con i principi costituzionali.

Già nel 2009 la Corte Costituzionale aveva bocciato alcune delle disposizioni più controverse della legge: il numero massimo di embrioni impiantabili, l’obbligo di impianto simultaneo e il divieto di congelamento degli embrioni in caso di problemi di salute. Nel 2012 fu la Corte europea dei diritti umani a rigettare il divieto di diagnosi preimpianto in caso di malattie genetiche. Ma fu nel 2014 che si ebbe la frattura più significativa, con la cancellazione del divieto di fecondazione eterologa. Un anno dopo, fu permesso anche l’impianto selettivo degli embrioni sani.

Nel 2021, la Consulta aveva già affrontato l’articolo 8, rilevando l’ingiustizia della sua interpretazione: riconosceva il figlio al partner uomo in una coppia eterosessuale, ma negava lo stesso diritto alla madre intenzionale in una coppia di donne, anche se parte attiva nel percorso di PMA. Allora la Corte invitò il Parlamento a colmare il vuoto normativo, ma l’inazione legislativa ha condotto inevitabilmente alla nuova e più risolutiva sentenza.

Le mamme di Lucca festeggiano: “Felici, non pensavamo di essere le prime”

“Emozionate, commosse, felici. Non pensavamo che saremmo state le prime”. Glenda e Isabella, sposate e mamme di una bambina di tre anni e uno di due, oggi festeggiano la sentenza della Consulta con cui viene dichiarato incostituzionale il divieto per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia da procreazione medicalmente assistita legittimamente praticata all’estero.

Una figlia riconosciuta, l’altro no perché nato il 3 aprile 2023, un mese dopo la circolare del ministro dell’Interno Piantedosi, primo caso a Lucca che ne vietava il riconoscimento. Inaccettabile per le due mamme.

“Abbiamo avuto dei timori – spiega Isabella, mentre è subissata di messaggi di auguri da parte di parenti e amici – Da un punto di vista sanitario perché io sono la madre intenzionale e se ci sono solo io con il piccolo non vengo riconosciuta dal personale sanitario; a livello successorio nel caso in cui venisse a mancare la madre biologica, ma anche nel caso in cui la coppia dovesse decidere di separarsi. Non abbiamo mai incontrato alcuna ostilità, ma anche banalmente prendere mio figlio a scuola avrebbe potuto rappresentare un problema. È stato un calvario ma ne è valsa la pena”.

Restano esclusi i figli delle coppie di uomini

Se da un lato la stepchild adoption, per anni unico strumento disponibile, viene superata per le coppie di donne perché giudicata inadeguata, dall’altro lato resta irrisolta la condizione dei figli nati in famiglie con due padri. Per loro, il riconoscimento alla nascita da parte di entrambi i genitori è ancora precluso. L’adozione del figlio del partner, pur rappresentando un passo importante, non garantisce la parità di trattamento.

Il cammino verso la piena uguaglianza è ancora lungo, ma la direzione è tracciata. Nonostante le resistenze e gli attacchi politici, questa sentenza dimostra che il cambiamento è possibile. Oggi celebriamo una conquista importante, nella speranza che presto anche tutte le altre famiglie possano vedere riconosciuti i propri diritti.

Roma, 23 maggio 2025

La Segreteria Nazionale