E.R., Medici (e pazienti) in seconda linea

Per quale oscuro motivo un medico dovrebbe negare un certificato ad un paziente malato?

E in presenza di una pandemia, quali misteriose circostanze potrebbero indurlo a opporre tale rifiuto, davanti a un paziente positivo, che rischia anche di infettare altre persone?

Esiste forse un irrivelabile segreto che mette la malattia (e i medici) in seconda linea e induce a bypassare i più elementari diritti (stare male quando si sta male) e doveri (certificare quando c’è un malato) per ragioni superiori?

Se questa fosse la trama di una serie TV poliziesca, correremmo senza dubbio a procacciarci pop corn a iosa per una indefessa maratona.

Ma non è fiction, è realtà.

E a proposito di realtà conviene guardarsi un attimo intorno: la fila al supermercato è diventata lunga non per una corsa ai viveri, ma perché i cassieri del market sono decimati da quarantene e malattie; la dad a scuola non deriva dai contagi tra gli alunni, ma dalla malattia dei docenti; il ritmo di produzione delle aziende rallenta perché manca il personale malato.

Tutto effetto della contagiosa variante omicron che senza troppi colpi di scena è chiaramente la colpevole delle “sparizioni” dei lavoratori dal posto di lavoro.

Anche in Banca, dove si è voluti correre ai ripari, al solito in modo sbagliato.

Ovvero, con un insinuante messaggio pervenuto nei giorni scorsi alle segreterie, che sembra suggerire che, come dire, se si è positivi e tante volte, magari perché il medico non vuole fare certificato, tutto sommato non è indispensabile stare in malattia ma, insomma, si potrebbe in fondo lavorare in delocalizzato.

Così la produzione non ne risente.

Sono mesi che inviamo lettere e volantini (abbiamo provato anche con un ponentino) per dire che lo scontato rialzo dei contagi avrebbe portato disagi immensi a tutti, lavoratori e aziende, che si poteva cercare di frenarlo con un ricorso più massivo al delocalizzato, che le fantasie presenzialistiche della pubblica amministrazione (poi revocate per causa di forza maggiore) non interessano il nostro Istituto, che la salute viene prima, che la nostra produttività non cala affatto lavorando da remoto…niente da fare.

Piuttosto che ammettere l’errore e invertire rotta, la Banca va dritta con il gioco dei rientri a colori. Autonomia organizzativa? A noi sembra più follia organizzativa.

Ma se, nel momento in cui sconta gli effetti di questa autonomia/follia con un calo di produzione, la Banca smista lettere che suggeriscono di non star male quando si sta male, beh, come dire…questo non è legittimo.

Invitiamo pertanto la Banca a ripensare una volta per tutte alla regoletta e decidersi, data la situazione, a lasciare che i rientri in presenza dei colleghi siano eventualmente volontari fino alla fine dell’emergenza.

In assenza di questa coscienziosa scelta, invece, la invitiamo a non lanciarsi in messaggistica al limite del lecito. Sarà nostra cura verificare che i colleghi non siano lesi da queste iniziative.

Roma, 26 gennaio 2022

La Segreteria Nazionale