Distanziamento sociale

Tutti abbiamo imparato il termine “distanziamento sociale”, ormai diventato di uso comune, nostro malgrado.

Il sito dell’accademia della Crusca lo definisce come “il mettere distanza (fra le persone) all’interno della società al fine di ridurre il rischio di contagio” (dal latino contingere, toccare).

Insomma, il diktat da più di un anno è stato: porre distanza tra le persone perché non si tocchino.

A volte però le distanze fisiche non bastano a interrompere legami e connessioni tra persone: i legami degli affetti, di collaborazione, di sangue rimangono, per esempio.

Altre volte invece ci sono distanze abissali anche rispetto a ciò che si ha intorno, che si vive nel quotidiano, con cui si ha a che fare ogni giorno.

Come è possibile?

Perché non sono distanze materiali, ma di conoscenza, di empatia, di comprensione.

È questo che si vede spesso negli incontri con l’Amministrazione: una Banca lontana dai suoi lavoratori.

È ogni volta una sorpresa scoprire come dalla Delegazione aziendale arrivino affermazioni totalmente incongruenti con la realtà lavorativa, con le “fatiche” quotidiane, con il concreto svolgimento dei processi lavorativi.

Proprio come se, tra Banca e lavoratori, ci fosse un “distanziamento sociale” per evitare ogni elemento di “contagio”, in modo tale che i due mondi non si tocchino mai.

Eppure, la Banca d’Italia non è un’impresa industriale che può puntare a una produzione di massa a ampia commerciabilità investendo principalmente in macchinari e automazione e con ridotto impiego di forza lavoro scarsamente qualificata.

In Banca d’Italia il principale input produttivo è il personale e la sua altissima professionalità.

Non c’è altro futuro per il nostro Istituto se non quello che investe sulle persone, sui lavoratori.

Siamo alla soglia della presentazione della nuova versione del libro bianco e della piattaforma della Banca sull’orario di lavoro.

Speriamo che questa sarà l’occasione per dimostrare quale Istituzione la Banca vuole essere: quella che costituisce un esempio di diritti e di progresso per tutto il Paese e che punta allo sviluppo o quella che si ripiega su sé stessa e rimane un vecchio Istituto, concentrato solo sui propri risparmi e pervaso da un intrinseco distanziamento sociale, perché inviso all’opinione pubblica e ai suoi stessi dipendenti.

Il distanziamento sociale è una misura necessariamente provvisoria ed eccezionale, dovuta alla straordinarietà dell’attuale situazione, che molto presto tornerà a essere sostituta da quella socialità, quella voglia di rapporti interpersonali, quello stare insieme, che rappresenta il cuore pulsante di ogni società e che ai bambini viene insegnato fin dalla prima infanzia.

La Fisac CGIL confida che la Banca d’Italia possa ritornare presto a far sentire quel senso di vicinanza al suo personale, quella volontà di stare e fare insieme per lavorare in un contesto cooperativo, che le hanno consentito storicamente di rappresentare una Istituzione di esempio, di avanguardia e trainante il cambiamento nel mondo del lavoro e nello stesso tessuto sociale.

Solo pochi giorni fa, in occasione della festa dei lavoratori, il Presidente della Repubblica affermava:

“La battaglia per il lavoro è una priorità che deve unire gli sforzi di tutti: lavoratori e imprenditori, istituzioni e forze sociali, mondo delle professioni, della ricerca, della cultura”.

E ancora: “Se il lavoro cresce, cresce la coesione della nostra società”.

La Fisac Cgil è pronta per questa battaglia e si aspetta che, anche nel rispetto del messaggio del Presidente, lo sia anche la Banca d’Italia, nel segno indicato dell’unità di intenti e della responsabilità.

Roma, 3 maggio 2021

La Segreteria Nazionale