Racconti e Realtà

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C’era una volta un regno molto molto lontano che si chiamava Bankitalia.

Era un luogo armonioso e senza problemi, dove chiunque poteva dirsi tranquillo e al sicuro.

In questo favoloso Paese tutti andavano d’accordo. Tutti si aiutavano reciprocamente e si rispettavano.

Ognuno era apprezzato nella sua individualità e specificità e veniva supportato dalla collettività a realizzare sé stesso.

Tutte le leggi del regno tutelavano ciò che di più prezioso esisteva: le persone.

Nelle segrete del castello venivano custodite quelle che erano ritenute le più grandi ricchezze: le differenze.

Non esistevano discriminazioni, infatti, non esistevano pregiudizi. Niente disparità, nessun “gap”.

Regnava indisturbata la parità.

Nella copertura delle posizioni di vertice, nella progressione di carriera, nelle retribuzioni.

La cosa più bella però era che non esistevano le molestie.

Di nessun tipo: verbali, psicologiche, fisiche…nessuna traccia.

Tanto ne era avulso l’ambiente, che i cittadini non conoscevano neppure il significato stesso di quella parola.

Insomma tutti, davvero tutti, vivevano felici e contenti.

Fine della favola.

Torniamo alla realtà.

Ancora oggi, nel 2021, la Banca d’Italia non si è dotata di un regolamento contro le molestie nei luoghi di lavoro.

Sicuramente la favola ove si narra che in Banca d’Italia non ce ne è bisogno poiché non ne esistono è suggestiva e convincente (siamo tutti persone perbene, no?) ma – viene da osservare – quand’anche così fosse, non sarebbe certo la presenza del codice a cambiare le cose in peggio, anzi, contribuirebbe a preservare lo stato di quiete.

A noi però la favola convince poco. Perché le statistiche dicono chiaramente qual è la frequenza delle molestie sui luoghi di lavoro e quanto è basso il tasso di denuncia e non possiamo pensare di essere immuni, sognando di vivere in un reame beato.

Non possiamo perché a chi subisce molestie viene spezzata la vita e non possiamo pensare che gli si neghi uno strumento di aiuto e protezione.

È ora di svegliarsi, smettere di sognare, aprire gli occhi, iniziare ad agire.

Ad esempio, conoscendo l’ormai acquisita abitudine della Banca di fare questionari tra i suoi dipendenti, suggeriamo di farne uno sulle molestie. Che sia veramente anonimo, anzitutto (che non chieda nell’incipit sei uomo o donna, quanti anni hai e dove lavori, perché questo rende poco credibile l’anonimato), e molto semplice: ritieni di essere stata/o vittima di molestie sul luogo di lavoro? Quando? Per quanto tempo?

Potrebbero venire fuori numeri e informazioni sorprendenti. A noi non fanno paura, vorremmo vederli.

Ci fa più paura una favola che ignora la realtà, perché capita che le disgrazie accadano da sole, ma la maggior parte delle volte i fattacci hanno luogo semplicemente perché non hanno trovato impedimenti nel loro percorso.

Il codice contro le molestie sul luogo di lavoro è questo: un presidio di civiltà di cui il nostro Istituto è ancora sprovvisto.

E occorre ora, non si può più rimandare.

Roma, 4 febbraio 2021

La Segreteria Nazionale