Il destino dell’ARET

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Lo scorso 12 dicembre si è svolta la consueta riunione annuale delle Divisioni ARET, cui partecipano gli addetti alla ricerca economica territoriale di tutta Italia.

Scopo della riunione è quello di presentare l’attività programmata per il nuovo anno, nella logica di coordinamento tra le Divisioni territoriali e il Servizio Struttura Economica, col contributo principale della Divisione Analisi territoriali.

Quest’anno la riunione era particolarmente attesa dai colleghi coinvolti, perché qualcosa è cambiato: non troppo tempo fa è stata annunciata una nuova modifica organizzativa, che prevede l’eliminazione della Divisione Analisi territoriali, con riallocazione del personale presso le altre Divisioni del Servizio.

Dal momento che la Banca non ha dato grande pubblicità a questa riforma, si aspettavano chiarimenti sulle motivazioni e le modalità di realizzazione dell’intervento organizzativo, anche in relazione alla partecipazione alla riunione del Direttore Generale Salvatore Rossi e del Capo del suddetto Servizio.

A chiarimento, si fa presente che la Divisione Analisi territoriali si occupava di programmare e coordinare il lavoro degli Uffici ARET, di standardizzare procedure e strumenti di analisi e di lavoro, di dare avvio a iniziative di formazione decentrata, di promuovere la condivisione di dati e documenti, di creare gruppi di lavoro su singole tematiche, di dare impulso a progetti di ricerca condivisi a livello multiregionale e tra gruppi di ricercatori.

Quanto è emerso dalla riunione non ha invece chiarito se e in che modo queste funzioni di aggregazione verranno svolte nel nuovo assetto, con il ruolo di coordinamento affidato probabilmente ad una singola persona, ma ciò che da subito ha lasciato perplessi è che il modello che si è voluto cambiare…funzionava. Forse con qualche limite e sovrapposizione (quale modello è perfetto?), ma davvero aveva creato un’efficace rete tra le Divisioni ARET.

È stato inoltre evidenziato che l’iniziativa è nata non dal Direttorio ma su impulso del Dipartimento Economia e Statistica, che il Vertice si è limitato ad approvare. Nessun chiarimento, invece, sulle ragioni di fondo di questa scelta, in grado di segnare la presenza di un vero indirizzo strategico.

Tuttavia, nel tentativo di offrire comunque ai colleghi un punto di vista positivo sugli effetti della riforma, è stata offerta loro la speranza che il maggiore accentramento dell’attività, così perseguito, consentirà finalmente loro nuove opportunità di crescita, per poter finalmente “uscire dal ghetto degli ARET” (cit.).

Ora, chiunque si trovi a lavorare negli ARET non si era probabilmente reso conto di essere stato, a sua insaputa, “ghettizzato”. Negli ARET lavorano dipendenti che vantano spesso percorsi di studio fortemente qualificanti, che hanno maturato una pluriennale esperienza nell’analisi economica e di conoscenza dell’economia dei territori e che, pure nella continua ed esasperante riduzione di organici e fondi, in termini di missioni e ore di formazione, ha creduto finora di aver collaborato in maniera proficua e utile alle attività istituzionali della Banca. Non si aspettavano certo di apprendere di essere stati (finora?) relegati invece a “ghetto” del nostro Istituto.

E se anche si voglia prendere l’affermazione con la dovuta ironia e pensare che certe scelte lessicali siano frutto di un mero gergo colloquiale, è difficile non cogliere però ciò che di fondo, ancora una volta, traspare: il Vertice della Banca continua a non vedere i lavoratori della rete territoriale al pari degli altri, ma li assoggetta ad una valutazione di merito che li fa essere dipendenti, in qualche misura, di rango inferiore. Dipendenti la cui volontà non va consultata, neppure in occasione di una riforma che li interessa in modo così diretto – il cui contributo è ritenuto marginale e che acquisiscono un qualche ruolo, residuale, all’interno dell’Istituto solo se collocati come satelliti attorno a una visione completamente accentratrice.

Peraltro, a correggere bene il tiro, si è aggiunto, nel corso della riunione, un ulteriore intervento chiarificatore a sottolineare che in questa nuova visione di affrancamento dalla marginalità nessuno dovrà essere però indotto a credere di poter fare il “pensatore da bar” (cit.).

Come O.S. chiediamo alla Banca di portare a conoscenza il personale, in maniera più istituzionale, delle motivazioni di questo riassetto e di formalizzare in modo più compiuto il nuovo modello organizzativo, possibilmente con una chiave di lettura che non mortifichi nuovamente il contributo lavorativo dei colleghi delle Divisioni ARET.

Roma, 7 gennaio 2019

                                                                                                  La Segreteria Nazionale