La triste sorte dei Capi di Linea

Bandiere

 

PROFEZIA TROPPO FACILE

La riforma delle carriere dei Direttivi è stata pensata male, come la FISAC CGIL ha detto in tutti i modi, e i colleghi ne prendono progressivamente coscienza. Nell’analisi critica che abbiamo fatto dell’impianto dell’accordo abbiamo spiegato perché il modello dei bonus individuali e del legame diretto valutazione-retribuzione non funziona *. Abbiamo anche spiegato quale triste sorte toccherà ai Capi di linea nel nuovo sistema a partire proprio dal ruolo di valutatori.

Riprendiamo dal documento: “Il primo aspetto critico è appunto quello delle valutazioni. Poiché se prendessero sul serio il compito di stendere, monitorare e analizzare a consuntivo gli obiettivi dei propri collaboratori per attribuire loro il bonus, i Capi di linea potrebbero fare poco altro e dunque la Banca utilizzerebbe centinaia di dipendenti al solo scopo di assegnare bonus individuali, la riforma prevede l’uso di check list preordinate (“obiettivi a struttura predefinita”) a cui, di fatto, si risponderà avendo già in mente quali risposte permetteranno di assegnare il bonus. La valutazione è dunque costruita come un’incombenza formale da sbrigare il prima possibile e rispondente all’unico obiettivo di aumentare lo stipendio ai fortunati.”

È sin troppo facile vedere quanto questa analisi sia stata profetica. La Banca ha ora comunicato che, entro il prossimo 20 gennaio, i Titolari delle strutture dovranno concordare con i propri collaboratori gli obiettivi da assegnare, sulla base dei quali verrà poi anche deciso, almeno per i Direttivi, parte della retribuzione futura. Considerando che dopo le feste ci sono 10 giorni lavorativi, in molte unità i Capi non potranno fare altro. Nella sua bontà, comunque, la Banca ha agevolato i Capi mettendo a disposizione una apposita guida e una serie di cataloghi di conoscenze e capacità. Lo scopo è appunto arrivare a una serie di elenchi di caselle da riempire. L’alternativa, per i Capi di linea, è prendere sul serio la Guida e assegnare gli obiettivi in base ai metodi e alle regole che vi sono descritti.

Basta dare un’occhiata al materiale messo a disposizione dalla Banca e ci si rende conto che, per preparare seriamente un colloquio, il Capo di linea dovrebbe impiegare come minimo mezza giornata, dato il livello di approfondimento che formalmente si richiede nella fissazione degli obiettivi e dei risultati attesi. La Guida spiega infatti che per sviluppare gli obiettivi il Capo Divisione “può attingere dalle linee di indirizzo contenute nei documenti organizzativi della Banca… dagli input derivanti da stakeholder interni o esterni… e dal confronto con il proprio Responsabile diretto”, e già che c’è “ascoltare le proposte provenienti dagli stessi collaboratori”.

Non sono incombenze che, se prese sul serio, richiedono poche ore. Lo stesso vale per l’analisi delle competenze dei propri collaboratori da verificare con precise scale di giudizio con tanto di area favorevole e sfavorevole come in un rapporto ispettivo. Per inciso, anche un serio monitoraggio e una reale verifica del livello di raggiungimento degli obiettivi richiederebbe al Capo di linea una quota importante del suo lavoro annuale.

Quanto al colloquio, anche qui, prendendo seriamente il sistema proposto dalla Banca, non è solo il Capo a dover andare preparato e ben documentato, ma anche il collaboratore, poiché è previsto che possa partecipare attivamente con proprie proposte alla messa a punto degli obiettivi e addirittura contestare l’assegnazione degli stessi. Non è dunque la classica scena della consegna del bollettino in cui basta dire “dove devo firmare?” ed è finita lì. Va da sé che se anche un dipendente su dieci contro-proponesse obiettivi, il processo valutativo si allungherebbe enormemente.

Se un Capo di linea prendesse sul serio quanto proposto dalla Banca, dovrebbe lavorare almeno 12 ore al giorno a partire da subito per rispettare le scadenze e comunque non ce la farebbe. Purtroppo per il futuro dell’Istituto ma per fortuna per la serenità dei suoi dipendenti, è improbabile che qualcuno prenda sul serio tutto ciò.

Un breve commento lo meritano le osservazioni che la Guida svolge circa il feedback e che sembrano prese da uno studio di psicologia behaviorista degli anni ’60.
Queste osservazioni dipingono i dipendenti della Banca più o meno come cavie di laboratorio a cui è opportuno far trovare del cibo alla fine del labirinto per accrescere la loro autostima. Veniamo informati che “l’empatia è una comprensione autentica e rispettosa di quello che gli altri provano di fronte al nostro feedback”, cosa a cui nessun collega sarebbe mai arrivato da solo, ma anche che “molto spesso… le persone, se hanno compreso correttamente il nostro messaggio, sono in grado autonomamente di elaborare una loro strategia risolutiva del problema o di autocorreggere il comportamento sbagliato”; il che tutto sommato ci fa ben sperare sul futuro della razza umana.

Infine, anche utile il consiglio della guida che “la difficoltà vera non è comunicare feedback in presenza di prestazioni positive…ma laddove la prestazione di una persona è meno soddisfacente di quella attesa”, come ciascuno di noi ricorda quando tornava a casa con una pagella indecorosa.

Siccome la guida ci ricorda che “un attacco diretto e personale non crea le condizioni perché la persona assuma nel futuro un comportamento diverso”, non svolgiamo queste considerazioni tanto per criticare gli estensori di questo documento, ma vorremmo rassicurarli che i colleghi sono un po’ più complessi dei cani di Pavlov.

Questo sistema valutativo e i ragionamenti che ci sono dietro non aiutano lo sviluppo dei colleghi. Lavoreremo per cambiarlo al più presto.

Roma, 29 dicembre 2016

La Segreteria Nazionale

* Leggi “La Carriera Direttiva e il futuro della Banca d’Italia”

Leggi la lettera inviata al Capo del Servizio RIU