Da Sportellisti a parafulmini

Bandiere

 

Il 13 gennaio scorso, a poco più di due mesi dalla nota sentenza della Corte Costituzionale che dichiarava costituzionalmente illegittima l’anticipazione del termine finale per la conversione delle lire in euro, è pervenuta agli uffici Segreteria e GSP delle Filiali una nota che anticipa le modalità di attuazione della relativa sentenza e conseguenti istruzioni.

La natura provvisoria di queste ultime, “non ancora in vigore”, come precisa il testo della mail, ci ha spinto – per correttezza – ad attendere prima di esprimere la nostra posizione sulla questione.

Premure evidentemente superflue, visto che, il giorno dopo, il quotidiano “Il Tempo” – evidentemente in possesso del testo inviato alle Filiali – è uscito con un articolo a firma Andrea Ossimo, nel quale sono state riprese dettagliatamente le istruzioni fornite.

In buona sostanza, saranno ammessi al cambio con l’euro soltanto i possessori di lire che abbiano, entro il termine del 28.02.2012, iniziato un giudizio contro la Banca d’Italia per ottenere la conversione della vecchia valuta in euro (purché non sia stata pronunciata sentenza sfavorevole passata in giudicato), ovvero che abbiano richiesto – con un’istanza formale – la conversione entro il medesimo termine, specificandone l’importo.

Queste le decisioni prese, come specificato nel messaggio, “al termine degli approfondimenti condotti con il Ministero dell’Economia”. Espressione che ci rende praticamente impossibile sapere quale parte abbiano avuto, di preciso, i vertici della Banca d’Italia nel pervenire a simili conclusioni.

Certamente, l’incostituzionalità della norma contenuta nel decreto “Salva Italia”, che anticipava bruscamente, di quasi tre mesi, il termine per la conversione delle lire in euro, è sembrata immediatamente evidente a tutti; che il Governo Monti pretendesse di salvare le sorti finanziarie del Paese contando sullo scarso tempismo di una vecchietta di Orgosolo o di Ravascletto nel cambiare le ultime lire rimastele, sarebbe risultato ridicolo, se non fosse stato così clamorosamente ingiusto.

C’è da credere che anche questa decisione circa l’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale verrà percepita negli stessi termini: nessuna norma di legge viene richiamata nel messaggio; nessuna motivazione circa il ragionamento giuridico che ha portato ad escludere una categoria di risparmiatori, piuttosto che un’altra, dall’ammissione al cambio, è stata fornita. Non si tratta di un provvedimento amministrativo, ma di una precisa scelta politica, resa senz’altro più difficile dall’eccezionalità del monstrum giuridico dal quale tutta la vicenda si è originata (solo il primo, peraltro, di una lunga serie di provvedimenti controversi adottati dal Governo Monti: come dimenticare il fenomeno dei cd. “esodati”, generato dalla iniqua riforma delle pensioni?).

Tuttavia, adesso, il problema non è più di chi l’ha creato, ma è della Banca d’Italia. È NOSTRO.

Indipendentemente da chi possa vantare la paternità di questa decisione – che, c’è da immaginarselo, sarà a sua volta oggetto di ricorsi giurisdizionali, in un vortice giudiziario infinito -, il messaggio che passerà nell’opinione pubblica è: la Banca d’Italia non cambia le lire. La Banca d’Italia non ottempera alle decisioni della Corte Costituzionale. Insomma, un’ulteriore picconata alla reputazione del nostro Istituto della quale – dopo la gogna mediatica, seppure infondata, relativa ai recenti fatti delle quattro Banche del centro-Italia – proprio non si sentiva la necessità.

Senza contare che quelli che dovranno “metterci la faccia”, come sempre, saranno i colleghi allo sportello. Quelli che, in Filiale, dovranno spiegare all’utente che no, lei/lui le lire non le può cambiare, perché avrebbe dovuto – a suo tempo – ricorrere al giudice o presentare un’istanza scritta. Sì, anche se nessuno gliel’aveva detto, perché nessuno di noi lo sapeva.

Ancora una volta, saranno i colleghi a subire lo stress dell’essere gli unici parafulmini delle sacrosante tempeste emotive degli utenti, che protesteranno, c’è da scommetterci, tutta l’ingiustizia della vicenda.

In proposito, il sindacato, la Fisac, non permetterà che gli effetti di provvedimenti assurdi e burocratici come quello del cambio lira/euro ricadano su chi lavora e ci mette quotidianamente la faccia.

Il bilancio dello Stato, da quella norma illegittima, ha guadagnato – si stima – 1,3 miliardi di euro.

La Banca d’Italia, invece, rischia di perdere una grossa fetta di reputazione.

Roma, 18 gennaio 2016

>LA SEGRETERIA NAZIONALE