Incontro del 20 gennaio su orario di lavoro

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Nel corso dell’incontro convocato sull’orario di lavoro, la Delegazione aziendale ha ricordato in premessa che sono ancora aperti i lavori della task force appositamente costituita per la riforma dell’orario di lavoro dopo l’ampia esperienza derivante dall’utilizzo di home working massivo dovuto alla fase pandemica che stiamo tuttora percorrendo.

La conclusione dei lavori della task force è prevista per la fine del mese di febbraio, con la successiva presentazione al Direttorio di un apposito studio effettuato al fine di illustrare in modo esaustivo la situazione.

Ciononostante, riteniamo tuttavia importante far emergere già da ora alcuni degli aspetti, almeno i più rilevanti di questa delicata materia in modo tale che possano essere condivisi nella fase negoziale, innanzitutto nella definizione dell’ambito e nella dimensione dell’intervento.

Secondo la Delegazione aziendale, la Banca è interessata ad un cambio di modello che comporti un’innovazione di spessore, perché si ritiene che l’esperienza che la Banca d’Italia e altre istituzioni stanno vivendo nell’ambito dello smart working sia da cavalcare e da approfondire; per fare ciò, bisogna peraltro decidere se si vuole procedere soltanto attraverso una manutenzione evolutiva della normativa e degli istituti esistenti, oppure spingere più decisamente verso l’innovazione.

Optare per questa seconda strategia, però, implicherebbe necessariamente associare un cambiamento così radicale a obiettivi “alti”, procedendo ad un deciso ammodernamento dell’assetto delle modalità di lavoro, che miri tanto ad un miglioramento del benessere organizzativo quanto ad ottenere dei riflessi positivi in termini di efficacia ed efficienza delle attività svolte, secondo la logica di un negoziato “win-win”, in cui “vincono” i lavoratori e anche la comunità su cui le attività della Banca producono i propri effetti.

Nei progetti della Banca, sarebbe necessario in primo luogo addivenire ad una maggiore flessibilità, anche per dare risposta alle variegate esigenze che esprimono sia i colleghi che la stessa Banca; con la mappatura delegata alla task force, si arriverà alla definizione di una serie di aree di lavoro in cui non è possibile lavorare da remoto, dunque sottratte per definizione dall’utilizzo di quella modalità di lavoro; gli altri settori avranno dei modelli agibili dove il concreto dispiegarsi dell’equilibrio lavoro in ufficio/lavoro da casa dovrà essere in funzione di un accordo tra persone e strutture. Non si potrebbe invece lasciare spazio per regole troppo minuziose e burocratiche, optando invece per un sistema semplice ed essenziale dove si riscontrino i principi da applicarsi a livello individuale.

Ovviamente un cambio di passo così netto richiederebbe, secondo la Delegazione, aziendale anche una nuova valutazione circa la retribuzione della prestazione del lavoro, aprendo una riflessione su straordinari, compensi e premi, in modo da realizzare il principio di neutralità e indifferenza tra chi lavora in delocalizzato e chi lavora in presenza.

Una profonda innovazione richiederebbe dunque un sistema in cui le leve gestionali siano in mano ai capi e si debba procedere ad una riconsiderazione complessiva della prestazione e una sua valorizzazione, focalizzata sul raggiungimento di obiettivi e non su una valutazione di comportamenti (in quanto non osservabili e non misurabili).

Come CGIL abbiamo sottolineato, anche alla luce dell’esperienza fatta nell’ultimo anno, che se da un lato è chiara la possibilità di introdurre anche nel nostro Istituto lo Smart working, ed è comprensibile la spinta che proviene dai colleghi a tal proposito, dall’altro è assolutamente necessario normare attentamente questa nuova materia, in modo che ciascuno sia messo nelle condizioni migliori per svolgere in maniera ottimale la propria attività. Lo Smart working non può né deve in alcun modo portarci ad eliminare diritti, stravolgere orari, sminuire o cancellare garanzie salariali.

Il tavolo sindacale, da parte sua, ha ribadito la necessità di eliminare quei vincoli che danno migliore trattamento a chi lavora in presenza, non solo da un punto di vista retributivo ma anche di prospettive di carriera. Questa riflessione è chiaramente frutto dell’esperienza data dal telelavoro e dal delocalizzato che sono già presenti nel nostro regolamento.

Sottolineata l’importanza della mappatura dei processi operativi per capire cosa può essere fatto in lavoro da remoto e cosa no, le parole chiave devono essere “volontarietà” e “facilità di accesso” allo smart working e quindi è importante per questo rimuovere ostacoli che impediscano il realizzarsi di queste due condizioni. A seconda dei risultati di questa mappatura, si può immaginare uno “zainetto” di giorni di lavoro da remoto (massimale annuo) da attivarsi su richiesta del collega.

Ugualmente, va assicurata la pari dignità di trattamento economico tra chi lavora in presenza e chi da remoto unitamente ad una maggiore responsabilizzazione del dipendente, concentrandosi su obiettivi e risultati più che sui comportamenti; a tale proposito, il tavolo ha precisato di non avere pregiudiziali, pur rilevando la necessità di definire un tempo certo della prestazione lavorativa con l’introduzione di presidi temporali ben definiti, perché può essere fortemente rischioso muovere verso un sistema interamente incentrato sugli obiettivi.

Il tavolo ha inoltre precisato che l’istituto del telelavoro, date le sue peculiarità, deve essere mantenuto.

Infine, secondo il tavolo sussistono oggi le condizioni per addivenire ad una effettiva riduzione dell’orario settimanale di lavoro; quanto al lavoro delocalizzato in emergenza, si ritiene necessario apportare nel breve dei correttivi.

Roma, 21 gennaio 2021

La Segreteria Nazionale